RESILIENZA e MOTIVAZIONE_Part 1

Gli esseri umani hanno innata la capacità di affrontare con successo DIFFICOLTÀ e STRESS.

 

Al termine RESILIENZA vengono dati più significati:

-proviene dalla metallurgia: indica la capacità di un metallo di resistere alle forze che vi vengono applicate.

RESILIENZA come contrario di FRAGILITÀ

-Resilienza è fatta derivare dal latino resalio, iterativo di salio: riprende il gesto di risalire sull’imbarcazione, capovolta dalla forza del mare.

In campo sportivo, un atleta RESILIENTE è l’opposto di uno facilmente vulnerabile.

RESILIENZA come l’atteggiamento di andare avanti senza arrendersi NONOSTANTE LE DIFFICOLTÀ

 

La RESILIENZA PSICOLOGICA è la capacità di persistere nel perseguire obiettivi SFIDANTI (NON impossibili), fronteggiando in maniera efficace le difficoltà e gli altri eventi negativi che si incontreranno sul cammino.

 

PERSISTERE è idea di una motivazione che rimane salda

 

Siamo portati a pensare la MOTIVAZIONE come un qualcosa che dipende esclusivamente da condizioni esterne (de-responsabilizzandoci): in realtà l’essere auto motivati è un qualcosa che dipende dalla nostra specie (che abbiamo un po’ smarrito)

 

TUTTI ABBIAMO DELLE MOTIVAZIONI è la differenza tra gli individui sta nella loro CAPACITÀ di farle PERDURARE nonostante ostacoli e difficoltà

La RESILIENZA può essere allenata e potenziata, possiamo imparare a migliorarla. Possiamo imparare a gestire lo stress. MA QUESTO RICHIEDE IMPEGNO E DISCIPLINA.

Il mondo dello sport estremizza lo stress e premia chi lo sa gestire meglio: un atleta dovrebbe idealmente essere una persona disposta ad affrontare un problema dietro l’altro, a misurarsi con il senso di disagio, a reggere a stress importanti à ad essere resiliente.

 

Di solito si identifica l’atleta con le qualità fisiche, non con quelle mentali: eppure, per la prestazione, contano almeno quanto i muscoli.

Le analisi delle prestazioni di atleti di successo indicano che il successo sportivo è determinato da tre fattori:

-Dotazione genetica

-Qualità e quantità di allenamento à IMPEGNO

-Capacità psicologiche

L’Automotivazione è una condizione innata per gli esseri umani, per una ragione evolutiva: per un milione e mezzo di anni siamo sopravvissuti e ci siamo evoluti, mantenendo elevata la motivazione nonostante la fatica (Persistent Hunting dell’uomo primitivo) e sviluppando nuove aree del cervello à CERVELLO MOTIVAZIONALE.
VALUTAZIONE COGNITIVA

Gli esseri umani sono vittime degli eventi stressanti.

MA REAGIAMO alle difficoltà in funzione di COME le LEGGIAMO e come LEGGIAMO le nostre CAPACITÀ di FARVI FRONTE.

VALUTAZIONE COGNITIVA E' COME LEGGIAMO GLI EVENTI, COME REAGIAMO ALLE DIFFICOLTÀ

La sensibilità allo STRESS è in gran parte prodotta da noi stessi: essa dipende da come interpretiamo gli eventi ed a quanto siamo forti a far fronte a quel determinato problema.

LA SENSIBILITÀ ALLO STRESS DIPENDE STRETTAMENTE DALLA
VALUTAZIONE COGNITIVA

Ognuno di noi filtra e seleziona gli stimoli che riceve dall’esterno, accettando ed inserendo nel proprio cervello solo quelli che ritiene utili o importanti.

 

Questa è un’interpretazione, MA che ha CONSEGUENZE molto CONCRETE sulla realtà, a partire dal nostro funzionamento fisiologico: gli aspetti cognitivi possono influenzare la biochimica (il cervello può intervenire nel funzionamento del sistema endocrino ed in quello immunitario grazie ai neurotrasmettitori ubiquitari).

Ad esempio la fatica è un dato assolutamente soggettivo.

La valutazione cognitiva determina la nostra REAZIONE COMPORTAMENTALE, EMOZIONALE E FISIOLOGICA agli eventi.

Ogni difficoltà può essere interpretata come uno stimolo.

Il modello intuitivo considera gli stressor (fattori che provocano stress) come qualcosa di oggettivo e le persone come bersagli passivi.

MA le persone NON sono STRESSATE dagli EVENTI in sé, ma dal modo in cui li interpretano.

 

La RESILIENZA è funzione della nostra VALUTAZIONE COGNITIVA, del nostro modo di vedere il mondo e di comprendere i fatti.

 

Esiste uno stretto  legame tra VALUTAZIONE COGNITIVA e RISPOSTA FISICA.

 

Una valutazione cognitiva ERRATA può alimentare lo stress o portate a comportamenti inadeguati (MODELLI DISFUNZIONALI, per salvaguardare l’ego dal senso di fallimento e l’autostima), normalmente distinti in due categorie:

- Le forme di coping, cioè di gestione delle avversità dirette a modificare la realtà

- Le forme incentrate sul medicare i propri stati emotivi effetto consolatorio.

 

Questo modello cognitivo consente alla persona di non assumersi la responsabilità delle cose, attribuendola sempre all’esterno di sé. SPESSO NON si raggiungono gli OBIETTIVI, ma l’AUTOSTIMA è SALVA.

 

Il MODELLO FUNZIONALE basato sulla valutazione cognitiva incentrata su di sé, invece, porta alla resilienza. Le modalità di funzionamento sono riassunte si seguito:



1)L’evento negativo (stressor) vengono percepite dal soggetto che le filtra attraverso la valutazione cognitiva

2)La valutazione cognitiva porterà ad una reazione emozionale che provocheranno una risposta fisiologica ed una risposta comportamentale.

 

IMPEGNO, TALENTO, MOTIVAZIONE

Il primo passo per ottenere un obiettivo prefissato o un successo è quello di CREDERCI VERAMENTE à questione di VALUTAZIONE COGNITIVA (convinzione di potercela fare).

LE NOSTRE CONVINZIONI DI CONTROLLO CONDIZIONANO IL RISULTATO FINALE

Quando una prestazione importante si dimostra realizzabile, aumenta in tutti la convinzione di poter ottenere quel determinato risultato à questa valutazione porta all’IMPEGNO.

IL MECCANISMO CHE FA FUNZIONARE POSITIVAMENTE LE CONVINZIONI DI CONTROLLO SI BASA SULLO SCATENARE L’IMPEGNO VERSO UN OBIETTIVO

E' VEDERE GLI EVENTI COME (ALMENO IN PARTE) DIPENDENTI DA NOI

 

Le persone si classificano in base a dove posizionano il locus of control:

-INTERNAMENTE: ritengono che le cose dipendano in massima parte da loro; farcela o non farcela, raggiungere o meno un obiettivo dipende dalle proprie capacità e dal proprio impegno (regola delle diecimila ore di Anders Ericsson)

-ESTERNAMENTE: ritengono che il raggiungimento degli obiettivi siano determinati dal fato, dal caso, dalla fortuna, dagli dei

 

Normalmente si addebitano i successi sportivi soprattutto al talento (a capacità innate): il TALENTO è un fattore non controllabile à si legano successi ed insuccessi a fattori indipendenti dal soggetto

 

In realtà chi posiziona il locus of control internamente lega successo ed insuccesso all’impegno o alla mancanza di esso: in caso di fallimento si genera un meccanismo cognitivo efficace: NON MI SONO IMPEGNATO ABBASTANZA.

L’enfasi sull’impegno diventa controproducente nel caso di obiettivi irrealizzabili (può generare stress e frustrazione à sindrome di John Henry).

 

AUTOEFFICACIA = CONVINZIONE DI CONTROLLO

SENSAZIONE DI FARCELA è differente e più stabile del SENSO DI VINCERE

 

Conta poco il controllo effettivo: conta la CONVINZIONE di possederlo: SENTIRE DI POTERCELA FARE.

Di fronte ad un evento negativo, a una difficoltà, se siamo convinti (anche illusoriamente) di poter controllare la situazione, gli effetti dello stress sono meno dannosi sul piano fisico.

 

Un basso senso di controllo genera:

-RIGIDITÀ di comportamenti

-DIPENDENZA (anche dal coach…). Troppa DIRETTIVITÀ ed AUTORITARISMO del coach per MOTIVARE gli atleti plasmerà solo automi in attesa di ordini, e atleti NON in grado di AUTOREGOLARSI in assenza del coach.
Gli INCENTIVI danneggiano gravemente la motivazione: funzionano come motivatori a breve termine e solo se l’obiettivo NON è TROPPO ONEROSO da raggiungere.

-Ricerca di ALIBI, FIDUCIA nelle soluzioni MAGICHE ed IRRAZIONALI dei problemi.

 

L’ AUTOMOTIVAZIONE si lega al piacere di sentirsi COMPETENTE ed al GIOCO, al DIVERTIMENTO: sentirsi CAPACI produce PIACERE e DIVERTIMENTO, e spesso spinge ad IMPEGNARSI; l’IMPEGNO fa diventare ANCORA PIÙ COMPETENTI e così via in un circolo virtuoso.

AUTOMOTIVAZIONE (MOTIVAZIONE INTRINSECA)

La MOTIVAZIONE INTRINSECA o AUTOMOTIVAZIONE, legata al piacere di sentirsi CAPACE, ha una base biologica profonda (da essa dipende la nostra sopravvivenza come animali NON SPECIALIZZATI che nascono con un CERVELLO INCOMPIUTO): quando facciamo qualcosa per PASSIONE, perché proviamo piacere nel farlo, indipendentemente da ricompense o da un’approvazione esterna, siamo di fronte alla motivazione intrinseca.

 

CHI È MOSSO DALLA MOTIVAZIONE INTRINSECA È PIÙ RESILIENTE

Essa infatti trasforma gli OSTACOLI in SFIDE.

La motivazione intrinseca si fonda su MODELLI DI IMPEGNO, cioè modelli di accettazione del disagio, della responsabilità che in età giovanile vengono assorbite tramite le figure di riferimento e veicolate dall’educazione.

 

IL SENSO DI AUTOEFFICACIA SI SVILUPPA ATTRAVERSO LE ESPERIENZE DI SUCCESSO

Più successi ottengo, più mi sento bravo e capace, più sono motivato ad impegnarmi.

Per mantenere questo dobbiamo cercare di limitare i processi cognitivi disfunzionali: credenze, convinzioni, interpretazioni FALSE della REALTÀ a cui aderiamo in modo automatico (credenza che ad esempio si possa sfuggire da qualsiasi tipo di disagio o emozione negativa).

 

L’evoluzione umana ha portato allo sviluppo di aree cerebrali specializzate che mantengono attiva la motivazione verso l’obiettivo nonostante le difficoltà; queste aree cerebrali:

 

-Regolano il funzionamento dell’ATTENZIONE

-Contribuiscono a regolare e controllare le RISPOSTE EMOTIVE

-Regolano i comportamenti connessi all’AUTOCONTROLLO ed all’ESPRESSIONE di VOLONTÀ

 

Ogni volta che esercitiamo uno sforzo di volontà le alleniamo.

I coach devono lavorare per sostenere e far crescere la motivazione già presente negli atleti della squadra.

 

Per prima cosa occorre EVITARE le condizioni che ABBASSANO la MOTIVAZIONE:

  • Investire tempo ed energie per stare insieme e conoscere a fondo i membri della squadra --> INVESTIMENTO NEI RAPPORTI
  • Entrare in SINTONIA con le MOTIVAZIONI INTRINSECHE degli atleti, far sentire gli atleti CAPACI, riconoscere le loro COMPETENZE ed i loro PROGRESSI (molto più efficace dell’utilizzo di autoritarismo o di incentivi per motivare).
  • Gli atleti hanno bisogno di sentirsi AUTONOMI, AUTODETERMINATI --> stile di leadership NON DIRETTIVO del coach
  • Importanza della COMUNICAZIONE (non deve essere data per scontata): i moderni mezzi di comunicazione digitale, se non sorvegliati, aumentano la percentuale di INTERPETAZIONE dei MESSAGGI e CREANO CONFLITTO.
  • Importanza di GESTIONE dei CONFLITTI nel Team --> Cultura del CONFRONTO COSTRUTTIVO.

 

IL TEAM

Un semplice GRUPPO non è un TEAM.

Un TEAM è un gruppo caratterizzato dall’essere composto da ATLETI con FORTE MOTIVAZIONE INDIVIDUALE, ma che sono capaci di mettere questa motivazione AL SERVIZIO di un OBIETTIVO CONDIVISO.

 

Se l’obiettivo non è condiviso, essere un gruppo di atleti motivati può NON essere un VANTAGGIO.

LA CONDIVISIONE DELL’OBIETTIVO NON SI IMPROVVISA

Prima occorre lavorare a lungo per esplicitare la VISIONE, i VALORI, le REGOLE del TEAM (e bisogna per primi essere coerenti con essi).

 

 

 

 

ESERCIZIO: LA MIA ORCHESTRA

 

  1. I valori più importanti in cui credo:
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  1. I tratti caratteriali positivi che mi contraddistinguono e mi riconoscono (dall’esterno):
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  1. Le mie attitudini principali (ciò che risponde a: “Io mi sento portato per…”):
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  1. Le mie maggior competenze (tecniche, trasversali, professionali, extra, ecc…):
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  1. Le mie più grandi passioni:
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  1. Altre qualità positive che mi riconoscono, non incluse nelle 5 liste precedenti:
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  1. Quali luoghi / contesti che frequento o che ho frequentato mi fanno stare davvero bene?
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  1. Quali qualità personali risvegliano in me?
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  1. Quali sono le persone che mi fanno stare bene quando sono/sono stato in loro compagnia?
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  1. Quali caratteristiche positive esprimo / esprimevo in loro compagnia?
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  1. Chiedo a MAX 3 persone che mi conoscono bene quali sono le mie 3 principali qualità positive che secondo loro possiedo:
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Resilienza_1